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 Burrell il fenomeno: miliardi e veleni all'ombra di Diana

 

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Burrell il fenomeno: miliardi e veleni all'ombra di Diana


«La prima volta che sono salito su un aereo, era quello della Regina d'Inghilterra».
Quante persone al mondo possono permettersi con disinvoltura e un pizzico di civetteria una dichiarazione del genere, senza correre il rischio di venir etichettate come spacconi?
Poche, supponiamo. Indubbiamente molto poche.
Paul Burrell, l'ex maggiordomo di Diana Spencer, l'ha ammesso candidamente in una delle tante interviste rese da quando la principessa, che ha servito «con devozione, lealtà e rispetto», è tragicamente scomparsa nell'incidente stradale di Parigi, il 31 agosto 1997.
E non è certo una tra le cose più sensazionali che ha detto o, peggio ancora, scritto. Ma è abbastanza interessante per inquadrare il personaggio che col libro-confessione sulla sua vita al fianco di Lady D (A Royal Duty) rischia addirittura, sostengono i tabloid britannici, di assestare la spallata decisiva alla monarchia.
E' stato anche in carcere
Il recente passaggio al Larry King Show, che lo ha consacrato tra i personaggi mondiali del momento, gli ha attribuito la definitiva consacrazione di star dello show business, ma il flemmatico Burrell, non aveva bisogno di specchiarsi nella montatura rétro del giornalista in bretelle per far parlare di sè.
Burrell è stato a lungo sotto i riflettori: prima era l'ombra discreta ma sempre presente della principessa, poi è stato addirittura in carcere e con lui fu arrestato il fratello Graham per l'oscura vicenda degli effetti personali di Diana, trafugati dalla residenza di Kensington dopo la sua morte.
Venne assolto nel novembre 2002, dopo essersi trovato «sull'orlo del suicidio», anche per l'intervento della Regina che giudicò "irrilevanti" gli indizi a suo carico. Ma forse intendeva coprire un mistero più imbarazzante.
Al di là delle ipotesi fantasiose, Burrell ha scollato l'icona del maggiordomo dall'album della letteratura gialla o noir, per appiccicarla a quello più ruvido della cronaca, che ora affronta con l'assistenza di un agente letterario (Ali Gunn) e dell'incontrastato guru dell'immagine, Max Clifford.
Clifford, amico dei coniugi Blair - fu lui, però, a spiattellare ai tabloid la gravidanza di Cherie...-, nella sua ultra decennale carriera ha assistito celebrità che vanno da Jimi Hendrix a O.J.Simpson, però ha confessato che la trattativa con Burrell è stata lunga (un mese) e difficile.
Ma chi è il maggiordomo che per scrivere le sue memorie shock ha intascato un assegno di 3,5 milioni di sterline?
Era «la sua roccia»
La mia roccia, come amava chiamarlo affettuosamente Lady D, è nato 44 anni fa in una famiglia poverissima del Derbyshire, a Grossmore, paesino di minatori.
Il padre trasportava carbone col camion per la National Coal Board, mentre la madre attorondava il bilancio familiare come donna delle pulizie. In miniera lavoravano pure i due fratelli maggiori di Paul e probabilmente ci sarebbe finito anche lui, se gli impianti per l'estrazione del carbone non avessero chiuso i battenti nel 1970, facendo collassare definitivamente la fragile economia locale.
Grossmore diventò in pochi anni un paese fantasma: chiuse il Ritz, l'unico cinema, chiusero il bowling, il circolo del tennis e... per estinzione naturale, si sciolse perfino la squadra di calcio. I giovani, ma non soltanto loro, iniziarono ad emigrare e Paul, che a 16 anni lasciò la scuola statale per frequentare un corso all'istituto alberghiero, entrò rapidamente nell'ordine di idee di lasciarsi alle spalle quella terra sempre più povera e senza prospettive. All'età di 8 anni, quando andò per la prima volta a Londra con i genitori che lo accompagnarono ad assistere al cambio della guardia, fu folgorato dal Palazzo reale. Da grande voglio lavorare a
Buckingham Palace, disse alla madre in quella che, dieci anni più tardi, si rivelò una felice premonizione. Ma a Palazzo Paul Burrell ci arrivò perchè proprio la madre, terrorizzata dall'eventualità che il figlio si imbarcasse, gli nascose la lettera di una compagnia di navigazione che ne accoglieva la domanda di assunzione.
Fece carriera in fretta al servizio del Duca di Edimburgo, dimostrando talento e predisposizione. Nelle residenze reali conobbe Mary, cinque anni più vecchia di lui, domestica della Regina. La sposò ed ebbe due figli. La coppia trascorse la luna di miele in Scozia, a Balmoral, che la Regina Vittoria, nel 1852, elesse come residenza estiva della famiglia reale. E fu proprio là che per la prima volta incontrò Diana Spencer, non ancora fidanzata con Carlo.
Lady D lo adorava
Per dieci lunghi anni, poi, fu sempre al fianco della principessa, diventandone l'uomo di fiducia, il confidente, non solo il fedele servitore. Quando la coppia di separò e Carlo chiese alla consorte di redarre l'elenco delle cose che avesse voluto portare con sè dal Palazzo, Lady D scrisse in cima all'elenco due parole: Paul Burrell.
Le disgrazie (e le fortune) del maggiordomo che venne decorato dalla Regina con la medaglia dell'Ordine Vittoriano il 13 novembre 1997, iniziarono dopo la tragica fine della donna che gli insegnò anche l'arte raffinata delle pubbliche relazioni. Era così introdotto nel jet set che star hollywoodiane del calibro di Tom Cruise e Mel Gibson cercarono di averlo alle loro dipendenze, ma Paul, "fedele a Sua Altezza Reale" declinò, gentilmente, le loro offerte.
La vicenda giudiziaria conclusasi soltanto l'anno scorso lo segnò in profondità ed è difficile non cogliere nel libro scandalo uscito a fine ottobre in Inghilterra e negli Stati Uniti un senso di rivalsa, se non di calcolata vendetta. I tabloid, in cerca di scoop e gossip vario sulla casa reale, incominciarono ad assediarlo.
«Volevano ucciderla»
Paul, che viveva con le 35.000 sterline all'anno che gli passava la Fondazione in memoria di Lady D, si trasferì con la famiglia nel Cheshire, a Farndon, dove aprì con la moglie un negozio di fiori. Accettò la prima offerta: 300.000 sterline del Daily Mirror per raccontare la sua esperienza a Palazzo.
Quando rivelò che Diana gli confessò il timore di essere uccisa in un incidente stradale, il Mirror - per il timore di essere copiato dalla concorrenza - uscì in prima edizione con una copertina fasulla e soltanto il seconda edizione, quella mondiale, sparò lo scoop a caratteri cubitali.
Dal quel colpo giornalistico nacque la seconda vita di Paul Burrell, il miliardario Paul Burrell, conteso a suon di dollari dalle maggiori catene televisive inglesi e americane, intervistato da anchor man e scrittrici di best sellercome Patricia Cornwell. A tutti quelli che chiedono, e pagano profumatamente, racconta retroscena scoppiettanti sugli Winsdor. O battute al vetriolo sugli Spencer, che non ha mai digerito: «Non hanno mai accettato lo stile di vita di Diana, ma dopo la sua morte accettano volentieri le 10 sterline e mezzo del biglietto per visitare la sua tomba».

di Lorenzo Sani

Gentilmente tratto dal quotidiano La Nazione


 

 

 

 

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